Sostare con te

Su ali d'aquila

Domenica 25 settembre - IV dopo il Martirio (C)


Quando entro in una chiesa o in una cappella il mio occhio non può fermarsi su un particolare non scontato. Si possono contemplare tante cose delle nostre chiese o cappelle: gli affreschi, i dipinti, l’arredo, l’altezza… ma c’è un particolare che le accomuna tutte e sulla quale i nostri occhi non possono fare attenzione: la tovaglia dell’altare. Sì in ogni chiesa c’è un altare principale e una tovaglia bianca. Questo segno non è scontato a mio avviso. La tovaglia ci fa pensare allo stare insieme, alla bellezza della condivisione di momenti gioiosi o faticosi, a momenti di consolazione e confidenza. Ci fa pensare subito a momenti di festa e di quotidianità, a momenti in cui famiglie o amici si ritrovano insieme. Trovare una tovaglia bianca sugli altari delle nostre chiese vuol dire questo: qui vive una comunità, questa è una casa viva, non un museo dei ricordi!

Non solo. Quando vedo una tovaglia dell’altare mi piace guardare l’intreccio dei vari fili e ricami. Non perché me ne intendo (su questo sono brave le nostre nonne o i nostri sacristi), ma perché in quell’intreccio penso a tutte quelle storie che si radunano attorno ad esso: storie di giovani, adulti, anziani, storie felici e storie tristi, storie di benedizione e di ricerca. La tovaglia dell’altare è l’intreccio delle nostre storie, dei nostri cammini che si ritrovano insieme attorno a un gesto che da vita.

Il gesto che ci unisce è il dono di Gesù, il dono che è Gesù: io sono il pane vivo disceso dal cielo. Gesù ha voluto lasciarci questo gesto, quello dell’Eucaristia, non semplicemente come un rito da svolgere in maniera ripetitiva, ma come gesto che dona e genera vita. Le nostre storie si intrecciano anche in quel pane e il quel vino che portiamo all’altare. In quel pane frutto di diverse spighe, frutto di diverse mani che lo hanno lavorato; in quel vino frutto di diversi grappoli di uva, di diverse viti: lì Gesù dona la sua presenza, in un cibo che già nella sua costituzione è frutto di comunione. Gustare la presenza di Gesù nell’Eucaristia vuol dire riconoscere come il nostro camminare insieme in Lui traccia una via non scontata, una via che ci ricorda come il nostro camminare non è di uomini solitari: la via dell’Amore di Dio, di quell’Amore del Padre che Gesù come Figlio ha pienamente sperimentato fino alla fine e nella pienezza della sua Risurrezione, via che si apre a noi e a cui noi siamo chiamati a riconoscere nella nostra vita!

In questo anno dell’oratorio che oggi inizia vedo un invito in questa Parola e anche nelle parole che l’Arcivescovo Mario ci ha donato con la sua lettera e la sua presenza in mezzo a noi lo scorso 15 settembre. L’invito è questo: in questo anno desideriamo ritornare a vivere una normalità del nostro incontrarci in oratorio. Una normalità caratterizzata anche da momenti aggregativi, momenti di festa e di incontro. In questa normalità, quante tovaglie stenderemo sui nostri tavoli! Però ricordati, e questo sia un impegno di tutti: quando passerai in oratorio, prima di stendere le tovaglie delle feste e dei vari incontri, fermati davanti alla tovaglia dell’altare. Fermati sulla tovaglia delle nostre vite, rendi grazie, contempla, prega per quelle situazioni che tu conosci e che porti con te. Prega, cioè affidati a Colui che non ha esitato a donare tutto sè stesso per amore.

Affidarci a Gesù non è segno di debolezza, ma segno di una vita che sa riconoscere le colonne, i pilastri della vita, sa riconoscere ciò che conta veramente nella vita e sa che tutto ciò non è opera delle nostre forze, ma un’opera che è sorta e generata nell’ e per amore. La vita eterna è questa ed è in questo affidarsi che scopriamo la forza della risurrezione già qui, ora, la forza che dona e genera vita, soprattutto in quelle situazioni dove non sembra per noi esserci una via. Affidarci a Gesù e alla sua Pasqua vuol dire credere in questa luce di vita che strappa dalle tenebre, luce generata nell’amore.

Questo è l’augurio di questo anno oratoriano che oggi cominciamo: nell’amore riscoprire che non siamo soli, ma che siamo uniti da un pane spezzato e da un vino buono versato, uniti dall’amore che Gesù ci dona. Sostiamo quindi non per fermarci, ma per gustare quell’amore che apre nuove strade di vita: l’amore di Cristo, amore che ci unisce e che ci mette insieme in cammino!
 

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